La necropoli di Manico di Quarara si trova in territorio di Carini al confine con quello di Montelepre.
Le sue sepolture, di tre diverse tipologie, sono pertinenti al vicino insediamento indigeno ellenizzato di Monte d’Oro che, dal pizzo omonimo, dominava lo stretto passo che collega la piana di Carini con quella di Partitico.
Collocato presso l’importante passo, il villaggio di Monte d’Oro si fa risalire al VI secolo a.C., quando notevole era l’influenza degli Elimi su queste aree. I reperti archeologici recuperati da rinvenimenti occasionali e campagne di scavo datano la fine dell’insediamento intorno al III sec. a.C..
La grande quantità di ceramica ellenistica e la chiara influenza cartaginese sul sito ne hanno decretato l’abbandono in corrispondenza della prima guerra punica, quando probabilmente fu distrutto dalle truppe romane.
Le prime notizie sul villaggio di Monte d’Oro ci provengono da Vito Amico (1856), ma soltanto nel 1968 la Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Occidentale effettua i primi scavi archeologici, a seguito dei continui scavi effettuati da clandestini che saccheggiano il sito.
Nel 1973 Vittorio Giustolisi pubblica il volume su “Hikkara” e da ampio risalto all’importanza del sito di Monte d’Oro ed alla sua necropoli. Nonostante ciò nulla ha impedito ad una cava di distruggere quasi interamente il villaggio, risparmiandone soltanto una piccola parte.
Miglior fortuna ha avuto la necropoli di Manico di Quarara. Inserita in un’opera di rimboschimento della Regione Siciliana, presenta ancora evidenti tracce di quella che un tempo è stata un’area funeraria frequentata per quasi cinque secoli.
Le tipologie di sepolture riscontrabili in situ sono di vario tipo: tombe a grotticella con corto dromos (corridoio), tombe alla cappuccina con copertura a solenes (tegoloni) e tombe ad enchytrismos con grossi pithoi.
Le capienti tombe a camera hanno restituito corredi funebri ricchi di suppellettili di importazione attica, databile tra il VI ed il V secolo a.C., e molta ceramica di produzione indigena con decorazione geometrica dipinta tipica della Valle del Belice.
Tra le forme ceramiche sono state rinvenute: hydriai (vaso per acqua) con decorazioni geometriche, monumentali pithoi decorati utilizzati prevalentemente per sepolture ad enchytrismos, crateri su alto piede, skyphos (grosso bicchiere con due anse), lekythos (vaso per unguenti) funerari, aryballos (ampolla per unguenti) funerari e kylix (coppa a due anse per vino).
Tra queste ultime spicca una kylix attica a vernice nera con incisa sul fondo della base l’iscrizione ATAITVKAIEMI custodita presso il Museo Archeologico Regionale “Salinas” di Palermo insieme ad oltre 1.500 reperti tutti provenienti dalla necropoli.
Cospicui sono pure i rinvenimenti di suppellettili in bronzo: fibule, strigili e grattugie, oltre ad una bella collana in pasta vitrea.
Alcuni reperti si trovano presso la Biblioteca Comunale di Carini; si tratta di rinvenimenti occasionali avvenuti nel corso degli anni, che alcuni anonimi cittadini hanno donato.
Tra questi, oltre a numerosi pesi da telaio in terracotta e le classiche forme vascolari in ceramica a vernice nera, spiccano un anello in argento con raffigurata Afrodite con la colomba, un bronzetto raffigurante il dio egizio Bes ed una moneta ateniese d’argento raffigurante Pegaso ed Athena.